Identità malcerte. Modelli di genere in Italia
venerdì 31 gennaio 2020, ore 17.45
Sala del Minor Consiglio
Tra le opere esposte all’interno della mostra Anni Venti in Italia, un dipinto rappresenta bene l’esito della Grande Guerra: Le vedove di Galileo Chini, realizzato tra il 1916 e il 1918 quando il conflitto era ancora in corso, ma era già chiaro il dramma che stava coinvolgendo i paesi belligeranti.
Durante la guerra le donne diventarono anche lavoratrici: Umberto Brunelleschi nelle famose cartoline Le coraggiose le rappresenta impiegate nei lavori più diversi, postine, conducenti di tram e calessi, facchine, barbiere, tutte rigorosamente vestite alla moda, mentre Chini le rappresenta come vedove in corteo, prefigurando già il loro ruolo nel dopoguerra: quello di vestali del lutto. Tornata la pace, infatti, per reintegrare gli ex combattenti, le donne furono rapidamente smobilitate dai loro posti di lavoro, e il diritto di voto, riproposto dai movimenti delle donne sulla base del grande impegno profuso durante la guerra, venne concesso soltanto in Germania (1919), Stati Uniti (1920) e Regno Unito (1928). E in Italia, alla fine della guerra, le donne diventarono le protagoniste delle cerimonie di commemorazione. A differenza di quanto avveniva in Francia e in Inghilterra, dove spettava a un reduce scegliere la salma del milite ignoto, in Italia, nel 1921, tale compito è affidato a una donna, Maria Bergamas, madre di un disperso, quasi a voler ribadire i rapporti di genere tradizionali.
Il dopoguerra quindi sembrava reintrodurre una linea di separazione tra maschile e femminile, nei ruoli e nei costumi, con una sorta di complementarietà dei sessi che appariva necessaria per sfuggire al caos e ritrovare pace e sicurezza, e al tempo stesso ridare virilità agli uomini e rimettere a posto le donne come non-combattenti.
Alcuni elementi “caotici” tuttavia si mantennero anche durante gli anni venti: il taglio corto dei capelli, le gonne più corte, le sopracciglia filiformi, e per alcune, la sigaretta, diventarono attributi significativi di una donna libera, attiva, intrepida. Tra tutte le varie rappresentazioni, da La Garçonne di Victor Margueritte alla Siylvia von Harden di Otto Dix, ciò che si afferma negli anni venti è una donna sicura, che scardina l’identità maschile/femminile.
Ci penserà il fascismo a imporre un modello di donna diverso, grazie alle politiche pro-nataliste e a istituzioni come l’Opera nazionale maternità e infanzia.