
Premio Primo Levi a Denis Mukwege
Salone del Maggior Consiglio, ore 17.30
La Repubblica Democratica del Congo, che si estende dall’Oceano Atlantico alle pianure dell’est, è la terza nazione per estensione geografica e la quarta per numero di abitanti nel continente africano. Dal 1996 il Congo è stato teatro di uno dei conflitti più sanguinosi del dopoguerra. Oltre cinque milioni di persone sono morte, un milione risultano disperse e 45.000 persone sono vittime delle guerre civili e della povertà. Come in molte situazioni di conflitto, la violenza di genere è molto diffusa, gli stupri sono sistematici e servono alle milizie per affermare il loro potere. Delle vittime di questi stupri si occupa da circa 14 anni il Dottor Denis Mukwege, ginecologo congolese fondatore del Panzi Hospital di Bukavu (estremo nordest del Congo, denominato Kivu). Denis Mukwege, terzo di nove figli di un ministro pentecostale ha studiato medicina per il desiderio di guarire i malati dei quali il padre si prendeva cura attraverso la preghiera. Lavora inizialmente in un ospedale rurale dove viene a contatto con le difficoltà vissute dalle donne che non avevano accesso all’assistenza sanitaria ad affrontare le complicazioni del parto, da qui la decisione di trasferirsi in Francia per studiare ginecologia. Dopo la specializzazione in ginecologia in Francia, torna nella città natale di Bukavu. Sono oltre 40.000 le donne vittime di violenza curate al Panzi Hospital dal Dott. Mukwege il quale definisce la violenza sessuale un’arma di guerra, pianificata a tavolino come una strategia militare e in grado di distruggere, meglio di una pallottola, più persone in una volta sola. La violenza subita dalle donne, spesso di fronte a mariti, figli, genitori e suoceri, ha infatti lo scopo di distruggere la dignità dell’intera famiglia. “L’uomo che ripara le donne” (dal titolo della biografia che gli ha dedicato la giornalista belga Colette Braeckman) non si sottrae neanche alla denuncia criticando su un articolo pubblicato su Le Monde, sia l’operato dei 17.000 soldati della locale missione Onu malamente impegnati a fare il loro dovere per il mantenimento della pace e della razza umana, che l’esercito regolare reo di violentare le donne esattamente come le milizie ribelli, che il governo della Repubblica Democratica del Congo il quale ha interesse a lasciare il paese nell’instabilità. Di particolare importanza il discorso che nel settembre del 2012 tenne alle Nazioni Unite, dove ribadì la gravità dell’impunità degli stupri di massa criticando pubblicamente la Comunità Internazionale e il Governo Congolese. Il dott. Mukwege racconta da anni la tragedia degli stupri e delle spaventose torture subite dalle donne congolesi, citando numeri raccapriccianti e chiedendosi come sia ancora possibile che nessuna autorità politica internazionale prenda provvedimenti concreti. La difficoltà nel curare le donne vittime di stupri non è solo in relazione all’intervento chirurgico che devono affrontare ma soprattutto alla resistenza psicologica necessaria per poter affrontare l’intervento e il lungo lavoro di recupero per ritrovare la forza di vivere. La capacità di reazione e la determinazione delle donne curate dal Dott. Mukwege, lo hanno spinto a tornare in Congo nel gennaio 2013 dopo alcuni mesi di soggiorno forzato in Svezia e Belgio in seguito all’ottavo attentato schivato dal dottore. Al suo ritorno la popolazione gli riservò una calorosa accoglienza lungo tutto il tragitto che va dall’aeroporto di Kavumu alla città di Bukavu, soprattutto le sue pazienti, le quali avevano raccolto fondi per pagare il suo biglietto di ritorno con la vendita di ananas e cipolle. Numerosi i riconoscimenti ricevuti dal Dott. Mukwege per il suo impegno: – Premio Speciale per i diritti umani, Francia 2007 – Premio Internazionale delle Nazioni Unite per i diritti dell’Uomo nel 2008; – Premio Olof Palme, Svezia 2009; – Africano dell’anno, Nigeria 2009; – Chavalier de la Légion d’Honneur dal governo francese, Kinshasa 2009; – Van Heuven Goedhart-Award dalla Refugee Foundation olandese 2010; – Dottorato honoris causa dalla facoltà di Medicina dell’Università di Umeå, Svezia 2010; – Medaglia Wallenberg, Università del Michigan 2010; – Premio Re Baldovino, Belgio 2011; – Premio Clinton, Usa 2011; – Chavalier de la Légion d’Honneur Française 2013; – Human Rights First Award 2013; – Right Livelihood Award, Svezia 2013; – Premio per la prevenzione dei conflitti, Fondazione Chirac, Francia 2013.
Il Premio Internazionale Primo Levi
Il Premio
Il Premio Internazionale Primo Levi è stato istituito nel 1992 per onorare coloro che con il proprio impegno morale, spirituale e civile, hanno contributo alla pace e alla giustizia per un mondo libero da pregiudizi, razzismo e intolleranza, con ciò ponendosi nel solco dell’insegnamento portato avanti da Primo Levi nel corso della sua vita e con le sue opere. La consegna del Premio rappresenta ogni anno un momento di grande importanza per il Centro e per la città di Genova, in quanto il premiato è chiamato a tenere un discorso pubblico in una cerimonia alla quale partecipano autorità nazionali e locali, affiancate da personalità che testimoniano l’operato del premiato. Il primo a ricevere il Premio nel 1992è stato lo scrittore Elie Wiesel, premio Nobel per la pace nel 1986.
I premiati del Premio Internazionale Primo Levi
Tra coloro cui è stato assegnato il Premio, nella prestigiosa cornice della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Genova, desideriamo ricordare, oltre a quello alla memoria di Willy Brandt, consegnato alla moglie e ai figli da Giorgio Napolitano, Lea Rabin, da poco vedova del Primo Ministro Israeliano; Shimon Peres, ex Presidente dello Stato di Israele e Premio Nobel per la Pace nel 1994; Carla Del Ponte, per l’opera svolta come Pubblico Ministero del Tribunale Internazionale dell’Aia; Nadine Gordimer, recentemente scomparsa, Premio Nobel per la Letteratura nel 1991, per l’attività svolta contro l’Apartheid nel suo Sudafrica; Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S. Egidio per l’opera straordinaria che questa associazione svolge anche a livello internazionale per l’assistenza dei profughi in tutto il mondo; lo scrittore israeliano Amos Oz, per la battaglia che svolge nel suo Paese al fine di trovare una soluzione pacifica al conflitto tra israeliani e palestinesi; la francese Simone Veil, sopravvissuta ad Auschwitz, primo Presidente del Parlamento Europeo, che, come giovane Ministro della sanità, ha introdotto in Francia norme innovative a favore delle donne; Andrzej Wajda, il grande regista polacco che durante il regime comunista ha prodotto molti film legati alla scomparsa del mondo ebraico; Ágnes Heller, la filosofa ungherese che ha lottato nel suo Paese per l’affermazione di un comunismo dal “volto umano” e che ancora oggi combatte contro la deriva reazionaria antisemita in Ungheria; Jacob Finci, Presidente della Comunità ebraica di Sarajevo, che al momento dell’assedio subito dalla sua città nel 1992, con il pulmino della sua comunità ha portato in salvo fuori dalla città assediata più di tremila persone.
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