Dagli Impressionisti a Picasso
From the Impressionists to Picasso
I capolavori del Detroit Institute of Arts
Van Gogh, Gauguin, Monet, Cézanne, Degas, Renoir, Matisse, Modigliani, Kandinsky, Picasso
25 settembre 2015 – 10 aprile 2016
September 25th – April 10th, 2016
Appartamento del Doge
Le sezioni della mostra
Exhibition’s sections
DAGLI IMPRESSIONISTI A PICASSO
Percorrendo al contrario l’itinerario di Cristoforo Colombo, cinquantadue dipinti di grande importanza lasciano l’America e arrivano a Genova. Accogliere i visitatori in questa mostra è un compito felice: il Detroit Institute of Arts, fondato nel 1885, uno dei più grandi e completi musei degli Stati Uniti, ha selezionato e messo a disposizione per questa iniziativa le principali opere delle sue collezioni dall’impressionismo alle avanguardie, con un percorso denso e affascinante che ci conduce da Monet a Picasso.
Il racconto visivo di questa mostra attraversa non meno di sette decenni di arte e di emozioni: il passaggio da una sala all’altra è lo specchio di un mondo in rapido cambiamento tra Otto e Novecento, nell’alternanza fra la genialità di singoli protagonisti e la compattezza dei gruppi e dei movimenti artistici. Nell’Appartamento del Doge si squadernano pagine intere di storia della pittura, scandite da dipinti sempre di profonda bellezza e, in molti casi, di decisivo significato per gli snodi dell’arte europea alle soglie della modernità. Ciascuna delle opere esposte, nessuna esclusa, è una parte preziosa e insostituibile di una storia che ci appartiene profondamente, e che ci parla una volta di più con l’universale linguaggio della bellezza.
CERCANDO IL SOLE
LA NASCITA DELL’IMPRESSIONISMO
Poco dopo il 1860, prende avvio a Parigi una delle più importanti svolte nell’intera storia dell’arte occidentale. Pittori come Monet, Pissarro e Renoir lasciano la penombra degli atelier ed escono en plein air (all’aria aperta) per riprendere in modo libero e diretto le luci, i colori, l’atmosfera del paesaggio, la vita della borghesia parigina, nei piccoli piaceri domenicali come nelle vie affollate della città.
Nel 1874 viene organizzata la prima mostra collettiva: dal titolo di un dipinto di Monet, vengono chiamati “Impressionisti”. Quello che rende amabili le loro tele (la luce naturale, i soggetti di vita quotidiana, la mancanza di convenzioni accademiche, l’uso di colori limpidi, quasi direttamente spremuti dal tubetto) era considerato all’epoca “la negazione delle regole più elementari del disegno e della pittura”.
Per diversi anni le tele degli Impressionisti sono accolte con freddezza dai critici e trovano poco spazio nel gusto dei parigini, che preferivano le scene di vita cittadina dipinte con cura da pittori come Gervex o Carolus-Duran. A poco a poco, tuttavia, il gruppo che comprende Monet, Pissarro, Renoir e Degas comincia a ottenere un crescente successo. Si organizzano mostre e aste in diverse nazioni: collezionisti russi, inglesi e americani si appassionano alla pittura impressionista, il che spiega la presenza di numerose opere importanti nei musei fuori dalla Francia.
Intorno al 1880 il gruppo perde l’iniziale compattezza: nascono proposte nuove e orizzonti espressivi inaspettati.
Scena di caffé a Parigi
Questo dipinto rappresenta in modo perfetto le aspettative del pubblico parigino: la rappresentazione realistica e precisa della vita moderna, con i dettagli dipinti con cura e non con la frettolosa
tecnica impressionista.
La scena è ambientata dietro la vetrina di un locale parigino: alla tranquillità un po’ assorta della coppia sulla destra si contrappone la vivacità più disinvolta del gruppo principale, caratterizzato dallo scintillìo brillante dell’abito della giovane donna di schiena. L’altra ragazza, accanto all’uomo che sta leggendo il giornale, sta fumando, mostrando così un tratto di emancipazione ancora piuttosto insolito.
Acclamato interprete della brillante vita sociale parigina, Gervex non rinuncia mai a una eleganza accademica nella inquadratura della composizione, nell’impeccabile disegno delle figure, nella attenta esecuzione dei dettagli: si noti, ad esempio, la riproduzione del divanetto imbottito in pelle. È proprio questa accuratezza, non priva di compiacimento, a dividere stilisticamente Gervex dai suoi coetanei Impressionisti, e in modo particolare da Degas.
DEGAS
LEZIONI DI STILE
In questo importante gruppo di opere, tutte degli anni della prima maturità, Edgar Degas (1834-1917) propone uno stile educato, colto e insieme inquieto, modernissimo: notevole è la differenza delle sue scene di interno con quelle di Gervex o Carolus-Durand, esposte nelle sale precedenti. Degas segue la parabola dell’Impressionismo da vicino, partecipando alle esposizioni collettive, ma mantenendo sempre una autonomia personale che lo porta a rifiutare sempre l’appellativo di “Impressionista”. Semmai, Degas mostra con chiarezza l’interesse per la fotografia, soprattutto nella novità del taglio prospettico rispetto alla secolare tradizione della pittura accademica.
La pittura di Degas si evolve lungo un ampio arco di decenni, mostrando via via una nuova interpretazione umana e sociale. Il tutù delle ballerine diventerà il grembiule sdrucito delle stiratrici, all’arredamento curato delle case alto-borghesi si sostituirà una tinozza ammaccata in un povero sottotetto, il bel mondo delle corse ippiche lascia il posto ai tavolini dimessi di un bar quasi deserto, dove non resta altro che la solitudine intorno a un bicchiere di assenzio.
Intanto, la vista del pittore peggiora gradualmente, tanto da portarlo alla cecità. Degas non si arrende, esplora alternative creative. Le mani si sostituiscono agli occhi: ciò che Degas non riesce più a vedere diventa tocco, materia, manipolazione, dai pennelli ai pastelli, dalla tela alla creta, dalla linea alla macchia, dalla pittura alla scultura.
CÉZANNE
SOLITARIO E GENIALE
Paul Cézanne segna il passaggio dalla prima stagione dell’Impressionismo ai successivi movimenti delle avanguardie. Dopo aver faticosamente strappato al padre banchiere il permesso di dedicarsi alla pittura, da giovane Cézanne si affaccia su Parigi, ma non la ama, preferendo uno stretto e sobrio circuito di luoghi familiari, tra Aix-en-Provence e la campagna circostante.
Da quando Pissarro lo convince a schiarire la tavolozza e a dipingere i paesaggi en plein air, Cézanne comincia i suoi quadri all’aperto, portando cavalletto, tele e colori in campagna, ma li finisce sempre nell’atelier. Per lui il paesaggio non è una “impressione” di luce e colore, ma una costruzione mentale di solidi geometrici regolari come il cubo, la sfera, il cilindro. Per raggiungere una concreta sintesi di forma e colore, Cézanne ripete più volte vedute di luoghi particolari, come la amata Montagne Sainte-Victoire.
Di famiglia benestante e di abitudini morigerate, Cézanne non aveva bisogno di vendere i suoi dipinti per vivere: lontano dai riflettori della critica e del mercato artistico parigino, le sue opere vengono esposte di rado, e quasi nessuno si accorge della sua grandezza. Solo dopo la sua morte, quando nel 1907 gli viene tributata una mostra retrospettiva, giovani pittori come Picasso e Matisse capiscono il debito nei confronti di un grande maestro, un “classico” che dà un senso nuovo all’intero corso dell’arte moderna.
OLTRE L’IMPRESSIONE
PROPOSTE E PROSPETTIVE
Dopo il 1880, con l’esaurirsi della fase più intensa dell’impressionismo, la pittura europea vive un periodo di grande vivacità creativa: Parigi è la vetrina della modernità, sostenuta anche dalle conquiste tecniche e scientifiche. D’altra parte, molti intellettuali sentono di voler evadere dal convenzionale mondo della borghesia. Si consuma in pochi anni la vicenda di Van Gogh, finita tragicamente con uno sparo in un campo di grano maturo. Van Gogh conferisce a ogni quadro una dimensione spirituale, in cui i colori forti e accesi manifestano emozioni e stati d’animo: con le sue pennellate drammatiche, pone le basi per l’Espressionismo.
Anche Paul Gauguin è il protagonista di una straordinaria avventura: oppresso da una vita parigina da cui si sentiva estraneo, decide infine di partire verso orizzonti esotici, non “corrotti” dalla civiltà occidentale. Gauguin si sofferma in contemplazione di forme essenziali, quasi l’evocazione di un paradiso perduto.
Nel 1890 Maurice Denis pubblica il “manifesto” dei Nabis, i “profeti”, un gruppo di pittori che si riuniscono nel paese di Pont-Aven, in Bretagna e propongono la semplificazione delle forme e un uso del colore in chiave non naturalistica. Un’ analoga esperienza viene vissuta in Germania, nella cittadina rurale di Worpswede: Paula Modersohn-Becker ne è una delle più appassionate animatrici. Gli sviluppi del postimpressionismo si indirizzano soprattutto verso temi di silenzioso intimismo. Ne sono ottimi esempi le opere dello svizzero Vallotton e gli interni di Bonnard.
MATISSE
E L’ÉCOLE DE PARIS
In occasione del Salon d’Automne del 1905 un critico, colpito dai colori accesi e dall’uso aggressivo della linea, definisce fauves, belve feroci, alcuni artisti che trovano in Matisse il principale rappresentante. I Fauves considerano il quadro l’occasione per esprimere in modo forte, persino brutale, emozioni e sentimenti. Il movimento, del quale fanno parte anche Dufy e Rouault, non è omogeneo: tuttavia, il suo ruolo appare determinante per lo sviluppo delle avanguardie.
Parigi è una città pianeggiante, ma sul suo panorama si delineano due collinette, alle estremità opposte rispetto alla Senna: Montmartre e Montparnasse. I caffé del Quartiere Latino e gli atelier di Montmartre e Montparnasse sono lo scenario di straordinarie novità, raccolte sotto la definizione generica di École de Paris, la scuola di Parigi.
Montmartre è il centro prediletto dei cubisti: Picasso, Braque, Gris. Nel gruppo cosmopolita di Montparnasse molti degli artisti sono ebrei e vengono dall’Est: a Parigi cercano non solo gli stimoli per l’arte, ma anche una maggiore libertà sociale e di espressione. Chaim Soutine, ebreo russo come Chagall, arriva a Parigi nel 1912: è uno dei pochi veri amici di Amedeo Modigliani, forse il più grande e certo il più sfortunato fra i pittori di Montparnasse. Figura controversa nel panorama dell’arte moderna, il pittore livornese incarna perfettamente la figura dell’artista maudit, maledetto, alla continua, tormentata ricerca di un equilibrio fra il successo e l’estrema, solitaria raffinatezza formale dei suoi ritratti.
ESPRESSIONISMO
L’AVANGUARDIA CHE PARLA IN TEDESCO
Il Detroit Institute of Arts ha potuto contare su una risorsa che lo contraddistingue tra i musei degli Stati Uniti. Per oltre vent’anni (1924-1945) è stato diretto dallo storico dell’arte tedesco Wilhelm (poi William) Valentiner, che non solo ha portato a Detroit i primi Van Gogh e Matisse esposti nei musei americani, ma soprattutto una competenza specifica sull’Espressionismo tedesco, con scelte di altissimo livello.
La definizione di espressionismo non indica un unico movimento o un gruppo di artisti, quanto una generale tendenza di genere stilistico. Alcuni aspetti accomunano molti pittori: tratti grafici asciutti e taglienti, contorni nettamente definiti, figure spesso nude, paesaggi appena accennati eppure carichi di energia, sentimenti di disagio espressi in modo esplicito, nessuna decorazione inutile, colori innaturali. Si distinguono tre principali correnti: die Brücke (“il ponte”) fondato da Kirchner, Heckel e Schmidt-Rottluff nel 1905 a Dresda; der blaue Reiter (“il cavaliere azzurro”), animato da Kandinsky a Monaco di Baviera dal 1911; e la neue Sachlichkeit (“nuova oggettività”), sviluppato dopo la Prima Guerra Mondiale a Berlino da Grosz, Beckmann e Dix.
Significativo è inoltre il desiderio di purezza, di evasione verso mari lontani di maestri come Pechstein e Nolde, e più tardi i lunghi viaggi di Kokoschka: un po’ come era accaduto a Gauguin nei confronti di Parigi.
Con la salita al potere del partito nazista, tutto cambia. L’espressionismo viene definito entartete Kunst, cioè “arte degenerata”, e messo al bando. Alcuni artisti sono costretti a emigrare e le loro opere vengono distrutte o comunque espulse dai musei.
PICASSO. CUBISMO E CLASSICITÀ PER L’ARTE DEL NOVECENTO
Strada maestra dell’arte del Novecento, il percorso di Picasso (1881-1973) scandisce le tappe di un’evoluzione rapida e ben riconoscibile. Picasso non ha mai rifiutato l’arte del passato: ogni scatto in avanti, anche il più provocatorio e inatteso, si fonda su uno studio profondo e consapevole. Le delicate e talvolta dolenti armonie figurative dei periodi blu e rosa, le fasi appassionate del Cubismo, il “ritorno all’ordine” classicista degli anni ‘20, i legami con il Surrealismo, la poetica dell’objet trouvé, i ritratti di Dora Maar e delle altre donne amate con voracità inestinguibile, Guernica, l’impegno politico e pacifista, le grandi tele dipinte a Vallauris, la varietà di esperimenti tecnici in scultura, ceramica e incisione; nelle metamorfosi continue di uno stile inafferrabile e sempre personale, Picasso ha dato un volto al Novecento.
Picasso sembra inarrestabile. È diventato popolarissimo, la sua immagine inconfondibile riempie le pagine dei rotocalchi. L’ultimo segmento della sua vita vede all’opera un uomo che con le sue magliette col collo a barchetta, a strisce orizzontali come quelle di un eterno monello, supera gli ottanta e poi anche i novant’anni, sempre sorretto da una energia veramente di fuoco, di sole e di acciaio. Senza mai nemmeno un accenno di malinconia o di rimpianto, Picasso rilegge temi e svolte stilistiche, interpretate alla luce di un’esperienza umana e artistica senza confronti.
FROM THE IMPRESSIONISTS TO PICASSO
Making inversely the same journey as Christopher Columbus, fifty-two very significant paintings departed from America and arrived in Genoa. Welcoming visitors to this exhibition is a happy task. Founded in 1885, the Detroit Institute of Arts, one of the largest and most complete museums in the United States, selected and put at the disposal of this undertaking the most important works in its collections from Impressionism to the avant-gardes. The itinerary through the works on display is dense and fascinating, leading us from Monet to Picasso.
The visual narrative of this exhibition embraces no less than seven decades of art and emotions. Moving from one room to another reflects the rapid change at the end of the nineteenth century and the beginning of the twentieth, with the genius of individual protagonists alternating with the cohesion of the various artistic groups and movements. In the Apartment of the Doge, one can leaf through entire pages of the history of painting, marked by works of profound beauty and, in many cases, of decisive significance for the crucial points of European art on the threshold of modernity. Without exception, each of the works on display is a precious and irreplaceable part of a heritage that once again speaks to us in the universal language of beauty.
SEARCHING FOR THE SUN
THE BIRTH OF IMPRESSIONISM
Shortly after 1860, one of the most important shifts in the entire history of Western art got underway in Paris. Painters such as Monet, Pissarro, and Renoir left the dim light of their studios and went en plein air (outdoor) to portray freely and directly the light, colors, and atmosphere of a landscape or the life of the Parisian bourgeoisie, during its little Sunday pleasures as well as on the city’s crowded streets. In 1874, their first collective exhibition was organized, and they were called “Impressionists” after the title of a painting by Monet. What made their paintings attractive – the natural light, the subjects of everyday life, the lack of academic conventions, the use of limpid colors practically just squeezed out of the tube – was considered at the time “the negation of the most elemntary rules of drawing and painting”.
For a number of years the Impressionists’ paintings were given a cold reception by critics and failed to make a breach in the taste of Parisians, who preferred the scenes of city life carefully painted by artists such as Gervex and Carolus-Duran. Little by little, however, the group – which included Monet, Pissarro, Renoir, and Degas – began to achieve increasing success. Exhibitions and auctions were organized in a number of countries. Russian, British, and American collectors developed a keen interest in the Impressionists’ painting, which explains the presence of numerous important works in museums outside of France.
Around 1880, the once cohesive group began to splinter as new ideas and unforeseen expressive horizons appeared.
Café scene in Paris
This painting represents perfectly the expectations of the Prisian public: the realistic and precise representation of modern life, with the details carefully painted, and not with the hasty impressionist technique.
The scene is set on the other side of the window of a café in Paris. The calmness of the couple on the right, who are somewhat lost in their thoughts, contrasts with the uninhibited liveliness of the main group, which is distinguished by the bright glitter of the dress of the young woman whose back is turned to the viewer. The other woman, seated next to the man reading the newspaper, is smoking, showing in this way an emancipated behavior that was still rather unusual.
A celebrated interpreter of the lively social life of Paris, Gervex never forgoes an academic elegance in the framing of his compositions, the impeccable drawing of the figures, and the careful execution of details. Note, for example, the reproduction of the sofa upholstered with leather. It is precisely this thoroughness, reflecting a certain self-satisfaction, which separates Gervex from his Impressionist contemporaries, and in particular from Degas.
DEGAS
LESSONS IN STYLE
In this important group of works, all of them from the years of his early maturity, Edgar Degas (1834-1917) shows a style that is refined and cultivated, and at the same time restless, extremely modern. The difference between his interior scenes and those of Gervex and Carolus-Durand displayed in the previous rooms is remarkable. Degas closely followed the parabola of Impressionism, participating in the collective exhibitions, but always maintaining his personal autonomy, which led him to reject the label of “Impressionist”. If anything, Degas clearly showed an interest in photography, especially its innovation in perspective with respect to the centuries-old tradition of academic painting.
Degas’s painting developed over a period of decades, gradually expressing a new human and social interpretation. The ballet dancers’ tutus became the torn aprons of women ironing, the well-kept furnishings of upper-class homes were replaced by a dented tub in a poor garret, and the high-society world of horse races gave way to the humble tables of an almost deserted café, where all that is left is the solitude around a glass of absinthe.
Meanwhile, the painter’s eyesight gradually deteriorated and he eventually became blind, but Degas did not give up. He explored creative alternatives. His hands substituting for his eyes, what Degas could no longer see became touch, materials, manipulation: from brushes to pastels, canvas to clay, line to spot, painting to sculpture.
CÉZANNE
SOLITARY GENIUS
Paul Cézanne marks the transition from the first period of Impressionism to the subsequent avant-garde movements. After laboriously securing permission from his banker father to dedicate himself to painting, the young Cézanne had a look at Paris, but did not love it, preferring a limited, simple circuit of familiar places in Aix-en-Provence and its surrounding countryside.
After Pissarro convinced him to lighten up his palette and to paint landscapes en plein air, Cézanne began his open-air works, taking his easel, canvases, and colors into the countryside, but always finishing them in his studio. He believed that the landscape is not an “impression” of light and color, but a mental construction of regular geometric solids like the cube, the sphere, and the cylinder. In order to achieve a concrete synthesis of form and color, Cézanne repeated views of particular places, such as his beloved Montagne Sainte-Victoire, a number of times.
Born into a well-to-do family and adopting a sober life style, Cézanne did not need to sell his paintings in order to live. Far from the spotlights of critics and the Parisian art market, his works were rarely exhibited and almost no one was aware of his greatness. It was not until a retrospective exhibition was dedicated to him in 1907, after his death, that young painters such as Picasso and Matisse understood what was owed to this great master, a “classic”, who gave a new sense to the entire development of modern art
OLTRE L’IMPRESSIONE
PROPOSALS AND PERSPECTIVES
After 1880, with the exhaustion of the most intense phase of Impressionism, European painting experienced a period of great creative vitality. Paris was the showcase of modernity, which was driven in part by scientific and technological progress. On the other hand, many intellectuals felt they had to escape from the conventional world of the bourgeoisie. Van Gogh’s adventure burned out in a few years, ending tragically with a gunshot in a field of ripe wheat. The artist transmitted a spiritual element to every painting, in which strong, bright colors express emotions and moods. His dramatic brushstrokes did the groundwork for Expressionism.
Paul Gauguin was also the protagonist of an extraordinary adventure. Oppressed by life in Paris, to which he felt alien, he finally decided to leave for exotic places that had not been “corrupted” by Western civilization. Gaugin dwelled in the contemplation of essential forms, as if to evoke a lost paradise.
In 1890 Maurice Denis published the “manifesto” of the Nabis (the “prophets”), a group of painters who gathered in Pont-Aven, a village in Brittany, and promoted the simplification of forms and a non-naturalistic use of color. A similar experience took place in Worpswede, a small town in Germany, with Paula Modersohn-Becker as one of the most enthusiastic leaders. The developments of post-Impressionism were oriented mainly toward subjects of silent intimacy, excellent examples of which are the works of the Swiss painter Vallotton and the interiors of Bonnard.
MATISSE
AND THE ÉCOLE DE PARIS
At the Salon d’Automne of 1905, a critic was so struck by the bright colors and aggressive lines used by several artists, whose most leading was Matisse, that he called them fauves, ferocious beasts. The Fauves considered a painting an opportunity to express emotions and feelings powerfully, even brutally. Although the movement, which also included Dufy and Rouault, was not homogeneous, it was determinant for the development of the avant-gardes.
Paris is a flat city, but two little hills emerge at opposite ends with respect to the Seine: Montmartre and Montparnasse. The cafés of the Quartier Latin and the studios of Montmartre and Montparnasse were the settings of extraordinary innovations bundled together under the generic name of École de Paris, the School of Paris.
Montmartre was favored by the Cubists: Picasso, Braque, and Gris. Many of the artists in this cosmopolitan group in Montparnasse were Jews from Eastern Europe, for whom Paris provided not only artistic stimulation, but also greater social and expressive freedom. Chaim Soutine, like Chagall a Russian Jew, arrived in Paris in 1912. He was one of the few real friends of Amedeo Modigliani, perhaps the greatest, and certainly the most unfortunate, of the Montparnasse painters. A controversial figure in the history of modern art, the painter from Livorno was the perfect incarnation of the accursed (maudit) artist, continually and restlessly seeking a balance between success and the extreme, solitary formal sophistication of his portraits.
EXPRESSIONISM
THE AVANT-GARD THAT SPEAKS IN GERMAN
The Detroit Institute of Arts was able to count on a resource that distinguished it among the museums of the United States. For more than 20 years (1924-1945) it was directed by the German art historian Wilhelm (later William) Valentiner, who brought to Detroit not only its first works by Van Gogh and Matisse, but above all a specific expertise on German Expressionism, with selections of an extremely high level.
The term Expressionism does not refer to a single movement or group of artists, but rather a general stylistic trend. Many painters had several characteristics in common: brusque and sharp graphic strokes, sharply defined outlines, figures that are often nude, landscapes barely sketched yet full of energy, feelings of discomfort expressed explicitly, no useless decoration, unnatural colors. Three main wings can be distinguished: die Brücke (“the bridge”), founded by Kirchner, Heckel, and Schmidt-Rottluff in 1905 in Dresden; der blaue Reiter (“the blue rider”), animated by Kandinsky in Munich beginning in 1911; and the neue Sachlichkeit (“new objectivity”), developed after the First World War in Berlin by Grosz, Beckmann, and Dix.
Also significant were the desire for purity – for escape towards distant seas – of masters like Pechstein and Nolde and, later, Kokoschka’s long journeys, somewhat similar to what had happened to Gauguin with respect to Paris.
When the Nazi party came to power, everything changed. Expressionism was labeled “entartete Kunst” (“degenerate art”) and outlawed. Several artists were forced to emigrate and their works were destroyed, or in any case remoed from museums.
PICASSO. CUBISM AND CLASSICISM
FOR THE ART OF THE TWENTIETH CENTURY
The high road of twentieth-century art, the journey undertaken by Picasso (1881-1973) marked the stages of a rapid and easily recognizable evolution. Picasso never rejected the art of the past. Every spurt forward, even the most provocative and unexpected, was based on conscious, in-depth study: the delicate and sometimes sorrowful figurative harmonies of the blue and pink periods, the passionate phases of Cubism, the classicizing “return to order” of the 1920s, the connections with Surrealism, the poetics of the objet trouvé, the portraits of Dora Maar and the other women he loved with inexhaustible voracity, Guernica, his political and pacifist engagement, the large paintings executed at Vallauris, the variety of technical experiments with sculpture, ceramics, and engraving. With the continual metamorphoses of his elusive and always personal style, Picasso put a face on the twentieth century.
Picasso seemed unstoppable. He became extremely popular, with his unmistakable image appearing constantly in illustrated magazines. The last period of his life saw a man at work in his boat-neck T-shirt, with horizontal stripes like those of an eternal imp, who turned eighty and then ninety, still driven by energy that was truly like fire, the sun, steel. Without ever even a hint of melancholy or regret, Picasso reinterpreted subjects and stylistic innovations in the light of a human and artistic experience without equal.