Otto Hoffman. La poetica del Bauhaus
Otto Hofmann. La poetica del Bauhaus
16 ottobre – 14 febbraio 2010
Appartamento del Doge
Informazioni tel. 010 5574064 / 065
Orario: aperta tutti i giorni escluso lunedì
Genova ricorda i 90 anni dalla nascita del Bauhaus con l’importante retrospettiva dedicata a Otto Hofmann, artista tedesco fra i più interessanti del gruppo che condivise quell’esperienza didattica nel celebre istituto a Dessau.
La mostra, curata da Giovanni Battista Martini, presenta circa 400 opere, tra cui molte mai esposte: olii, disegni, acquerelli, oggetti di design, lettere e – vera rarità – i quaderni illustrati di Hofmann delle lezioni tenute da Klee e Kandinsky tra il 1928 e il 1930.
La retrospettiva sull’artista tedesco, pittore e designer, la cui vicenda attraversa gran parte del Novecento, è organizzata in collaborazione col Goethe Institut Genua, ed è un’occasione per approfondire i temi della pittura astratta che, come scrive Kandinsky, “è la più difficile tra tutte le arti. Bisogna saper disegnare bene, avere sensibilità acuta per i colori e la composizione, essere un vero poeta: questo è l’essenziale”.
La mostra
Studiare la formazione di Hofmann consente di parlare di quello strordinario laboratorio della modernità che fu il Bauhaus, la scuola d’arti applicate fondata da Gropius a Weimar nel 1919, poi trasferita a Dessau e a Berlino e qui chiusa dal nazismo nel 1933.
Gli artisti del Bauhaus, tra cui Kandinsky e Klee, credevano nella libertà dell’espressione artistica, nel valore educativo dell’arte e nella necessità di tradurla in forme e oggetti di uso quotidiano: da qui l’esigenza di un rapporto sempre più stretto tra progettazione e produzione, una concezione che sta alla base del moderno design.
Le sezioni della mostra documentano tutta la vicenda artistica di Hofmann, dalla permanenza al Bauhaus nel cui edificio tiene la prima mostra personale, negli anni ’30, al periodo trascorso al fronte e in prigionia in Russia (1940-1946) con una serie di preziosi acquerelli di intensa e struggente bellezza eseguiti sulle lettere inviate alla moglie e agli amici artisti.
Ci sono poi le opere che vanno dall’immediato dopoguerra, realizzate al suo ritorno dalla Russia in Turingia, in un clima di sofferenza a causa delle crescenti divergenze di ordine politico con la nuova classe dirigente comunista, a quelle realizzate nel 1950-1951 appena arrivato a Berlino Ovest dopo aver lasciato precipitosamente la Germania Orientale abbandonandovi ogni avere e la quasi totalità dei lavori.
Interessante anche la documentazione della sua attività nel campo del design (porcellane e ceramiche realizzate per le manifatture Hutschenreuther e Rosenthal), della grafica (xilografie e litografie realizzate negli anni ’40) fino all’ultimo ventennio vissuto in Italia, a Pompeiana, piccolo comune della Riviera Ligure dove si era stabilito, come tanti altri prima di lui – basti pensare al soggiorno di Monet a Bordighera – attratto dalla luce e dalla bellezza del paesaggio.
Fotografia Bauhaus
In mostra anche una rassegna con 50 fotografie originali di molti artisti Bauhaus:
László Moholy-Nagy, Lucia Moholy, Florence Henri, Walter Peterhans, Lux Feininger, Piet Zwart, Franz Roh, Greta Stern e naturalmente Hofmann.
Per questi artisti c’è l’esigenza di definire la fotografia come un elemento autonomo, sia rispetto alla pittura, sia a un uso descrittivo e documentaristico.
László Moholy-Nagy è il precursore e la figura chiave di questa nuova ricerca.
Gli artisti Bauhaus elaborano l’immagine fotografica, creano prospettive inusuali, tagli insoliti, e ci restituiscono un’interpretazione del mondo circostante
e della vita quotidiana collegata a nuovi codici visivi.
Il Bauhaus e gli anni della censura 1928 – 1939
Terminati gli studi di architettura al Politecnico di Stoccarda, Otto Hofmann si iscrive nel 1928 al Bauhaus di Dessau, dove segue le classi di pittura di Vassilij Kandinskij e di Paul Klee. Il loro insegnamento, come documentano in mostra le trascrizioni manoscritte delle loro lezioni, svolge un ruolo fondamentale su tutta la sua successiva ricerca pittorica, caratterizzata da un costante interesse verso le molteplici potenzialità combinatorie determinate dai rapporti tra colore, forma e superficie. L’ambiente del Bauhaus incoraggia anche al confronto con le altre esperienze avanguardistiche europee e Hofmann sviluppa ben presto un autonomo linguaggio artistico svincolato dai modelli stilistici e formali dei suoi maestri. Durante un breve soggiorno nel 1933 in Svizzera, dove si rifugia per sfuggire alle persecuzioni del nazismo, ha l’opportunità di incontrare Hans Arp e il gruppo Dada di Zurigo. In seguito si reca a Parigi, frequentandovi il milieu artistico e rinsaldando alcune vecchie amicizie con altri artisti sfuggiti come lui alla furia nazista, come Kandinskij. Rientrato in Germania, prima a Jena e poi a Berlino, Hofmann subisce come molti altri esponenti dell’avanguardia artistica la censura politica del nazismo: da un lato gli viene impedito di dipingere, dall’altro i suoi quadri acquistati da numerosi musei vengono confiscati e bollati con il titolo di “arte degenerata”.
Con la moglie Hanna, di origine ebraica, si trasferisce nel piccolo paese di Hainichen in Turingia per sfuggire alle persecuzioni razziali. Qui nel 1939 Hofmann deve arruolarsi nelle truppe della Wehrmacht.
Aspetti della fotografia al Bauhaus
Negli anni Venti la consapevolezza dell’autonomia creativa rispetto alla pittura e all’uso documentaristico del mezzo fotografico permette alla fotografia di confrontarsi alla pari con gli stessi temi affrontati all’epoca dalle avanguardie artistiche: l’adesione alla modernità, la geometrizzazione delle forme, l’astrazione, la resa dello spazio urbano, il rapporto spazio-tempo, le funzioni conoscitive del mezzo artistico. In Europa i principali contesti di ricerca, grazie alle grandi mostre pubbliche e alla diffusione delle riviste illustrate, si sviluppano a Parigi e, con significativi contatti con la fotografia sovietica, in Germania. Il principale esponente artistico in questo ambito è senza dubbio Laszlo Moholy-Nagy: egli continuando con rigoroso processo metodologico le esperienze fotografiche già avviate a Berlino nel clima di ricerca del Dadaismo, sviluppa all’interno del Bauhaus le teorie sulla stretta connessione tra arte moderna e fotografia, come testimoniato dal volume Malerei, Photographie, Film pubblicato nel 1925 nella collana dei Bauhausbücher, curata da Gropius e dallo stesso Moholy-Nagy. Grazie al prezioso contributo di Laszlo Moholy-Nagy e della moglie Lucia, in questi anni al Bauhaus le innovative ricerche sulla struttura formale della fotografia conducono alla realizzazione di fotogrammi di oggetti in movimento, fotomontaggi e fotografie ai raggi Roëtgen. Nonostante la fotografia non fosse stata ancora introdotta ufficialmente nei programmi d’insegnamento – ciò avviene solo nel 1929, con la creazione di una cattedra assegnata a Peterhans – l’interesse suscitato dalle scoperte di Laszlo e Lucia è tale che molti artisti, anche all’esterno del Bauhaus come per esempio il critico d’arte Franz Roh, condividono la sperimentazione con il mezzo fotografico, apportando personali contributi creativi alle ricerche avviate. Artisti come Herbert Bayer, Theo Ballmer, Eugene Batz, Florence Henri, Hannes Meyer, Lucia Moholy, Walter Peterhans, Xanti Schawinsky, Greta Stern, Lux Feininger, Walter Funkat, Erich Consemuller, Albert Braun ed altri ottengono, infatti, risultati sorprendenti nell’elaborazione dell’immagine fotografica, contribuendo così all’affermazione di rivoluzionari codici formali che rispondono alle urgenti necessità di utilizzare un mezzo più veloce e comunicativo, in grado di esprimere le istanze avanguardistiche dell’epoca e di fornire – attraverso prospettive inusuali, riprese ravvicinate e tagli particolari – una nuova e radicale visione della realtà.
La Russia 1940 – 1946
Arruolato nel 1939 nelle truppe della Wermacht, Otto Hofmann viene inviato dapprima in Francia, poi in Grecia e infine nell’estate del 1941 in Russia, dove sarà poi prigioniero fino al 1946.
Dal fronte russo, nelle pause tra una battaglia e l’altra, invia alla moglie e agli amici numerose lettere illustrate a china e acquerello: sono cronache di morte e di desolazione vissuta quotidianamente, ma rappresentano anche le sue impressioni sul paesaggio russo, rielaborato in un ambito di realismo descrittivo che non rinuncia però alle forme astratte del suo alfabeto pittorico. In una lettera del 1942 Hofmann dichiara di aver trovato un’identità comune tra la cromaticità del paesaggio russo e i quadri di Kandinskij e Chagall: la riflessione sull’arte, in mezzo a tanto orrore, lo aiuta così a evadere da una realtà da cui si sente totalmente estraneo.
Il confronto fra le poetiche illustrazioni e le crude fotografie scattate dall’artista stesso con un piccolo apparecchio fa ben comprendere quanto la pratica della pittura sia stata per lui strumento di lettura della realtàà e ragione di vita: perfino in quei momenti terribili Hofmann sa trovare gli aspetti poetici del paesaggio, anche quando la penuria di materiali non gli concede che un foglio e una matita per sottrarsi alla follia della guerra.
Gli anni 60′ e 70′
Costantemente impegnato a partire dagli anni ’50 nei diversi ambiti espressivi del design di tessuti, papier peints e ceramiche, Hofmann, nonostante l’intensa attività espositiva, ridurrà almeno in parte, nel corso del decennio successivo, il suo impegno nel campo della pittura. La ricerca pittorica tornerà ad avere un ruolo preminente, all’interno della sua più complessiva produzione artistica, solo agli inizi degli anni ’70: lo testimonia un ciclo di dipinti, realizzati in quest’epoca, nei quali è possibile riconoscere alcuni caratteri stilistici e iconografici già presenti nelle precedenti opere, e alcune significative innovazioni formali.
La cifra compositiva di tali dipinti è infatti determinata dallo strutturarsi dell’impaginato pittorico attraverso simbolici motivi costruttivi di matrice architettonica che, recuperando alcuni aspetti progettuali della sua originaria formazione, contribuiscono a ordinare sulla superficie i rapporti di equilibrio tra colori e forme geometriche.
La particolare sensibilità artistica di Hofmann – maturata attraverso un progressivo processo di semplificazione e sintesi delle forme, derivante dalla parallela esperienza nel campo del design – tende quindi a organizzare il proprio vocabolario pittorico attraverso un inedito approccio alla dimensione spaziale, in cui il rigore geometrico delle volumetrie si armonizza con l’intenso lirismo dei timbri cromatici
Pompeiana
Nel 1976 Otto Hofmann si trasferisce a Pompeiana, un piccolo borgo nella Riviera Ligure di ponente dove risiederà sino al 1996, anno della morte. Il soggiorno nella quiete dell’entroterra non gli impedisce tuttavia di svolgere un’intensa attività espositiva sia in Italia, sia all’estero. In questi anni infatti l’interesse per il suo lavoro artistico da parte di istituzioni pubbliche e di gallerie private è confermato da un’ininterrotta serie di mostre che attirano l’attenzione del pubblico e della critica internazionale, in una puntuale opera di approfondimento delle diverse fasi della sua ricerca: dagli esordi nell’orbita della cultura visiva del Bauhaus sino alle ultime opere ispirate dal paesaggio ligure. E proprio il tema del paesaggio che è stato sempre una componente fondamentale della sua riflessione pittorica diventa in questi anni preminente. Tuttavia, secondo un’impostazione comune a tutta la sua esperienza artistica, anche in questi dipinti la centralità dell’ispirazione naturalistica appare trasfigurata da un processo di elaborazione simbolica che media le dimensioni dell’immaginario e del reale nella rappresentazione di un autonomo spazio pittorico generato dalla propria poetica.
Il costante interesse per gli effetti determinati dalla luce sulla nostra comune percezione della gamma cromatica e delle volumetrie, trova un congeniale campo di sperimentazione nell’accecante luminosità dei mezzogiorni liguri e in un paesaggio caratterizzato dal labile confine tra cielo e mare. Ne sono testimonianza gli intensi colori e le fantastiche composizioni astratte dei dipinti realizzati in questi anni, alcuni tra i quali di grandi dimensioni, come nel caso del ciclo dedicato alle Quattro Stagioni.
Otto Hofman designer
Il prolungato impegno di Hofmann nel campo delle arti applicate e del design va inteso come un ambito di ricerca complementare alle contemporanee esperienze pittoriche. Questo peculiare approccio estetico nasceva d’altra parte dalla sua formazione artistica, prima alla Technische Hochscule di Stoccarda e poi alla Bauhaus di Dessau. La missione didattica dell’istituto era infatti quello di formare operatori in grado di coniugare la propria attività artistica con una riconosciuta professionalità tecnica nel campo del disegno industriale.
Hofmann, che alla Bauhaus aveva seguito le attività del laboratorio di decorazione parietale diretto da Hinnerk Scheper, eseguendo progetti per carte da parati prodotte dall’istituto, tra il 1952 e il 1957 realizza per la ditta Wily Hermann di Berlino numerosi bozzetti per papier peints nei quali emerge la consueta alternanza tra componenti astratte e figurative, talvolta combinate tra loro nelle declinazioni linguistiche di una peculiare astrazione lirica. Legata a queste ricerche è anche la produzione di tessuti, andata purtroppo dispersa, per la Mechanische Weberei Pausa Ag di Mössingen/Württemberg, con la quale collabora dal 1957 al 1962.
Altrettanto importante è l’attività nel campo della ceramica, ambito di ricerca al quale si era avvicinato già ai tempi della Bauhaus, ispirato dalla lezione estetica e culturale di Gerhard Marcks e di Otto Lindig. Dopo il trasferimento nel 1938 con la moglie in Turingia, Hofmann, che già nel 1935 aveva lavorato per la Staatliche Porzellanmanufaktur di Berlino, rinsalda la sua collaborazione artistica con Lindig, allora direttore del laboratorio di ceramica di Dornburg. L’attività dell’artista in questo contesto espressivo riprende con maggiore intensità nel dopoguerra, attraverso le collaborazioni con la Rosenthal e la Hutschenreuther AG di Selb, per le quali realizza sia modelli tradizionali, sia proposte più innovative, caratterizzate da motivi decorativi astratti e da un design ispirato ai principi di semplificazione formale propri della lezione del Bauhaus.