Parole degli occhi
Giorgio Bergami 50 anni di fotografia
Sottoporticato
Molti certo sanno dell’importanza dell’attività di Giorgio Bergami nel panorama fotografico italiano, ma pochi hanno avuto la possibilità di cogliere nel suo insieme l’enorme quantità di lavoro da lui svolta in Italia e all’estero in cinquant’anni.
Per il settantesimo compleanno di Giorgio Bergami, (2007) un comitato, composto da diverse personalità della cultura italiana ha deciso di organizzare una mostra dei suoi lavori, per sottolineare pubblicamente l’importanza e la qualità della sua attività cinquantennale di fotografo e di regista cinematografico.
Il Comitato composto da Gino Paoli, Tonino Conte, Emanuele Luzzati, Renzo Piano, Ennio Poleggi, Maurizio Maggiani e da Franco Sborgi vuole proporre nella sua sequenzialità storica tutta l’attività di Bergami, presentandone una visione certo non completa, ma indubbiamente rappresentativa della ricchezza di esperienze e di visioni: un vero e proprio diario del tempo di cui l’occhio fotografico di Bergami è critico testimone.
Diverse sono state le mostre in cui è stato presentato il suo lavoro, ma si trattava per lo più di rassegne dedicate ad un singolo tema : è costume infatti di Giorgio Bergami, una volta portata a temine una ricerca (per lo più svolta attraverso lo scatto di migliaia di fotogrammi, quasi una sorta di diario visivo ininterrotto), proporre pubblicamente – di volta in volta attraverso una mostra, un libro, un film, una multivisione, ecc. – quello che è il senso stesso del lavoro condotto attraverso la scelta di immagini che divengono per se stesse fortemente rappresentative della intensa dimensione partecipativa e di attenzione che sta dietro la sua attività .
La foto di Bergami, infatti, è una foto essenzialmente testimoniale che, pur nell’estrema padronanza del mezzo, sa restituire l’impatto immediato dell’immagine, del fatto. La sua è una visività di tempi rapidi, in cui certo concorre l’esperienza cinematografica, oltre che la frequentazione con la foto di agenzia: è ben nota infatti la sua formazione all’interno di una grande agenzia di reportage come la Publifoto, di cui divenne titolare della sede genovese.
La mostra si articola secondo varie fasi tematiche e cronologiche che hanno caratterizzato il percorso della sua attività lavorativa:
• Il fotoreporter che ha fissato le immagini dei divi e delle personalità della cultura, da H. Bogart alla Callas, da Ingrid Bergman a Toscanini.
• Il fotografo d’industria: un documento fondamentale di un’epoca industriale che vede svolgersi il grande mito dell’acciaio, con l’Italsider, la SIAC, ecc. o quello dei grandi transatlantici, dall’Andrea Doria alla Raffaello.
• Il grande fotografo sociale che testimonierà tanto le lotte degli anni Sessanta, quanto il crescere di una città senza limiti. Ne nasceranno le famose foto sulla speculazione edilizia (un esemplare multivisione sul tema costituì una sezione centrale della mostra Immagine per la città del 1972, oltre a dar vita a noti libri fotografici).
• la fotografia sociale che si tradurrà anche nelle note e drammatiche inchieste visive sull’handicap (Handicappati non solo si nasceva si diventa, 1969), sui carceri minorili (1968-1969), il “libro bianco sui manicomi liguri”(1971): inchieste che, per la loro drammatica immediatezza antiretorica, contribuiranno non poco a far sì che dalla evidenza della denuncia si giungesse ad un grande dibattito pubblico sulla riforma di tali istituzioni.
• il grande impegno con il teatro, che lo ha visto collaborare con Luzzati, Trionfo, Bignardi, Squarzina, ecc. in una stretta interrelazione con il lavoro dei registi e degli attori.
• i grandi reportages degli anni novanta; da quello sulle grandi trasformazioni di Pechino a quelli su Cuba. In particolare in mostra quelli su Sarajevo assediata durante la guerra dei Balcani, che diede vita ad una mostra itinerante, di grande impatto, patrocinata dall’ONU.
• l’attività cinematografica, che va anch’essa dal reportage alla regia di film a tema, come il giallo per Rai 2 Il viaggio difficile, oppure, già nei primi anni Settanta, cortometraggi come Gli occhi di una città: Genova alla finestra, che ottenne particolare successo e fu premiato dal Ministero dello Spettacolo; o, ancora, quelli di carattere antropologico, realizzati in collaborazione con l’Università di Cosenza (Noi Tabarkini, Strombolani di Stromboli, ecc.).
Accanto all’attività creativa, di cui si può dare solo un accenno, va ricordata la particolare attenzione che Bergami ha dato alla didattica, dalla collaborazione con gli enti pubblici per fornire una informazione immediata, destinata ai giovani, all’insegnamento vero e proprio: da quello svolto per anni presso l’Accademia Ligustica, fino a quello tenuto a tutt’oggi presso il DAMS della Facoltà di Lettere dell’Università di Genova.
L’esposizione che gli è dedicata non è solo un doveroso omaggio a un lavoro così complesso, di tale qualità e di grande impegno testimoniale, ma anche il riconoscimento alla qualità di una personalità che ha segnato e tuttora segna la storia della fotografia italiana, attraverso l’occhio anticonvenzionale di un grande fotografo.