Una visita alle carceri
Anno 1846
“Tralascio di dire la tenebria del loco, lo strider de’ ferri al torre la soppia mandata, il cigolio che fanno le porte sbarrate di ferro su loro cardini, e’l rumoreggiar del portachiavi ecc. Entriamo nella carcere; dodici o quindici sogliono abitarla; oscura e tenebrosa ognor più resa dalle figuraccie e sconcie scritture che vi fecero e vi fanno i detenuti. In un angolo sono tanti vasi notturni quanti bastino ai corporali bisogni dei medesimi, che si vuotano ogni mattina: all’ingiro delle pareti del carcere sono disposti l’uno appresso dell’altro i pagliericci che posano sulla nuda terra.
Ogni individuo ha il suo. Una coperta di lana serve unicamente per distendere sul corpo a ripararlo dal rigore della stagione. Una scarsa luce giunge a traverso di due grosse inferriate, l’una distante dall’altra tutto lo spessore del muro in fabbrica.
La larghezza del carcere è di metri 5,50 circa; lunghezza 5,65 circa; altezza 3,40″
Celle del Corridoio