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Ut Pictura Poesis

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Bruno Liberti e gli amici poeti
8 – 21 giugno 2018
 
Sala Liguria

Orari: da lunedì a venerdì, 10-18
sabato, domenica e festivi 15-18
Ingresso libero

La mostra prende spunto da uno scritto del poeta e drammaturgo Vico Faggi, dedicato al rapporto trentennale con il pittore. Nel percorso espositivo le poesie di Faggi, e di altre personalità intellettuali vicine al pittore – quali Luciano Caprile, Silvio Riolfo Marengo, Guido Zavanone, Elio Andriuoli, sono affiancate ad opere di Liberti ad esse ispirate o che hanno esse stesse ispirato i componimenti poetici nel corso del tempo.

“Come la pittura, così è la poesia”, scriveva Orazio

Con la medesima metafora Vico Faggi (magistrato, poeta, drammaturgo di spicco a Genova negli ultimi 30 anni del secolo scorso ) intitola uno scritto in cui descrive il proprio rapporto con il pittore Bruno Liberti, conosciuto nel 1973 ad una mostra:

Mi parve che tra le immagini che egli fissava sulla tela e quelle che andavo vagheggiando nei miei versi ci fosse una fondamentale analogia. In queste immagini (…) c’è il desiderio e l’esigenza di trascenderlo nell’appagante sicurezza della forma definita. Da ciò la plasticità delle figure di Liberti, da una lato, e, dall’altro, l’uso di determinate forme chiuse, di tradizione classico – ellenistica, che ricorrono nella mia poesia.

Vico Faggi quindi, come osservato da Maria Teresa Orengo in una recente conferenza dedicata proprio al rapporto tra i due artisti, trovò in Liberti un sodale nel mantenere aperto il solco della tradizione della forma classica, sebbene attualizzata, in anni in cui le arti tendevano ad abbandonarla, puntando alla concettualizzazione e a nuovi strumenti espressivi.
La trentennale relazione fra Faggi e Liberti, fatta di lettere scambiate, lunghe e frequenti telefonate, discussioni in studio, nel tempo coinvolse nel gioco poetico-artistico altre personalità di intellettuali (oltre che altri pittori): giornalisti e critici d’arte, come Luciano Caprile, accompagnatore di gran parte della carriera artistica ed espositiva di Liberti, e Silvio Riolfo Marengo, e naturalmente poeti, quali Guido Zavanone ed Elio Andriuoli.
 
La mostra presente vuole offrire un saggio di questo gioco, semplicemente giustapponendo, alle opere di Liberti, le poesie alle quali furono ispirate o, al contrario, furono di ispirazione. Naturalmente il gruppo più cospicuo di opere e poesie è rappresentato da ciò che produsse il rapporto più lungo e profondo, quello fra Faggi e Liberti, ma non mancano testimonianze delle iniziative che coinvolsero tutti gli attori del gioco.
Nel reiterarsi di certi spunti formali, nelle loro varianti, nel loro fissarsi nell’olio o nell’incisione, troveremo l’eco di ciò che accomuna il pittore e il poeta e che la fissità della poesia sulla pagina stampata ci fa dimenticare: il fare, disfare e rifare, quasi infinito, che occorre loro per arrivare ad una creazione ultima.
Pittura e poesia in definitiva si somigliano nel loro farsi e, letteralmente, hanno la propria radice, non solo etimologica, nel “fare”, poiein in greco antico.
“Ut pictura poesis”, infatti, scriveva Orazio.





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