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Che cosa nasconde la paura della “teoria del gender”

saraceno

23 febbraio 2016, ore 17.45
 
Chiara Saraceno

 
Occorre prendere sul serio non tanto i contenuti, quanto la forte emotività che permea gli attacchi alla supposta teoria del gender e soprattutto la loro recezione da parte di persone, specie genitori, spaventati. Al di là del timore delle confusioni e sovrapposizioni concettuali tra appartenenza di sesso, identità di genere, ruoli di genere e orientamento sessuale, ed anche delle tentazioni omofobiche, essa è la spia di quanto importante sia, per il proprio ordine interno, far ordine, appunto, tra queste diverse dimensioni e le loro relazioni. Un ordine, e una distinzione, che appare precario e problematico – come del resto è confermato dai differenti esiti sul piano concettuale della riflessione filosofica, sociologica e psicologica – perché è il prodotto sempre in progress della riflessività e dell’interazione con gli altri/e e con il contesto, a livello individuale, nel corso della vita, e storico-sociale. Ciò può indurre insicurezza e, per reazione, irrigidimento auto difensivo. A ben vedere, questa insicurezza, e le reazioni aggressivo-difensive che scatena in alcuni, è la cifra specifica dell’identità nell’epoca contemporanea, che, a seconda dei punti di vista, è stata per questo definita “riflessiva” o invece “fluida”. Non giustificare le stupidaggini, le semplificazioni e la vera e propria malafede con cui viene inventata e attaccata la “teoria del gender” non esime dal fare i conti con le paure e le insicurezze di cui esse approfittano e alimentano, e dal compito di aiutare ad affrontarle.





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